di Giulia Rodano
E’ interessante la lettura dei voti di
preferenza espressi in questa tornata elettorale; soprattutto
per le donne.
Non a caso Francesca Izzo ha commentato
il risultato della competizione tra i candidati rilevando con soddisfazione
che finalmente le donne hanno cominciato a votare le donne e che tutto ora
potrebbe, dal punto di vista della presenza e della rappresentanza femminile,
diventare possibile.
Se guardiamo i dati, in effetti, emerge
una vera e propria rivoluzione, un dato forse non del tutto inatteso, ma certo
mai verificatosi prima.
Delle 12.637.537 preferenze espresse in
tutte le liste e su tutti e tutte i candidati e candidate, oltre 4,8 milioni
sono andate alle donne: quasi il 40% (il 38,67% per la precisione), più del
doppio delle precedenti elezioni europee del 2009.
Non solo, ma, a parte la pessima
performance della Lega e del Nuovo Centro Destra, che non eleggono nessuna
donna (fatte salve future opzioni di Salvini), la percentuale di genere più
bassa, quella di Forza Italia, raggiunge, sul totale degli eletti di quel
partito, la ragguardevole percentuale di quasi il 31%, mentre il PD si attesta
a oltre il 45%, il movimento 5Stelle quasi al 53% e la Lista Tsipras ha per ora
eletto due donne su tre.
Siamo di fronte a un risultato
straordinario. È difficile non essere contente. La presenza delle donne
sembrerebbe diventare finalmente normale.
Eppure non c’erano in queste elezioni,
nessuna quota riservata, nessuna lista bloccata, e nemmeno il meccanismo della doppia preferenza.
A cosa si deve dunque un simile
risultato? Al combinato disposto di due fattori, diversi ma convergenti, propri
di una democrazia compiuta e libera.
Da una parte la legge elettorale europea
obbliga le liste a una composizione rispettosa della presenza di entrambi i
sessi e gli elettori alla preferenza di genere qualora vogliano esprimere 3
opzioni e votare più di 2 candidati. Riconosce dunque la presenza dei due
generi nell’elettorato e la necessità di promuoverne una rappresentanza
sessuata.
Dall’altra alcune tra le forze
politiche e i movimenti che hanno partecipato alla competizione elettorale
hanno promosso le donne, le hanno candidate, le hanno rese visibili.
Dunque, le donne non hanno bisogno
della lista bloccata, né di soglie di sbarramento o premi di maggioranza. Anzi,
la competizione europea dimostra che più larga è la possibilità di concorrere
con regole eque, più forte è la loro possibilità di emergere. Chissà, se non ci
fosse stata l’iniqua e inutile soglia di sbarramento, forse le donne sarebbero
state anche più numerose.
Le donne non hanno avuto bisogno della
benevolenza del principe che le collocasse in posizione utile per essere
elette. Messe in condizione di competere, hanno vinto.
Quando si dovrà discutere della legge
elettorale nazionale, dovremo tenere a mente l’esperienza di queste elezioni.
Non abbiamo bisogno di quote e zone protette da marchingegni antidemocratici
come le liste bloccate. Non abbiamo bisogno di accettare soglie di sbarramento
sproporzionate e premi di maggioranza che distorcono la volontà degli elettori,
per mantenere le quote riservate dentro le liste bloccate. Possiamo spendere
tutta la forza unitaria delle donne per chiedere e ottenere una legge
elettorale che estenda la partecipazione e il potere di scelta dei cittadini e
affermi le regole della rappresentanza di genere, dalla doppia preferenza, alle
presenze sui media. Possiamo cioè fare delle donne, quello che le donne possono
essere: un elemento fondamentale di crescita della democrazia.
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