L’ingresso in scena delle donne, e il protagonismo femminile nella ricostruzione, è stato uno dei frutti più preziosi della Resistenza. Ma gli anni dal '45 al '48 non sono mai stati analizzati dal punto di vista femminile. Ora un convegno nazionale Anpi ricorda le donne di quegli anni e, con alcune testimoni che vi parteciparono attivamente, tenta di restituire spunti preziosi alla storia.
Cessato il rombo dell’ultimo cannone, contate le vittime e i dispersi, che ne fu delle 35.000 partigiane, e delle 70.000 dei Gruppi di Difesa della Donna che in modo organizzato, con le armi e senza armi, avevano partecipato, compagne di combattimento, alla Resistenza? e delle donne che per quei cinque lunghi anni avevano saldamente tenuto in piedi quel che restava dei nuclei familiari, che avevano protetto e sostenuto gli sbandati, i renitenti, i fuggiti dai campi di concentramento, i partigiani?
La maggior parte osservò la montagna di macerie che si stendeva davanti a loro e si rimboccò le maniche. Alcune aprirono associazioni di sole donne per elaborare propri programmi e per combattere le discriminazioni cui erano esposte da sempre; alcune entrarono nei sindacati e nei Consigli comunali, qualcuna (pochissime) diventò sindaco. Alcune entrarono in Parlamento e, benché in netta minoranza, furono determinanti nello scrivere il dettato costituzionale e cruciali per introdurre gli articoli che sanciscono la parità dei diritti.
11 ottobre, Palazzo Baldassini, istituto Luigi Sturzo.
11 ottobre, Palazzo Baldassini, istituto Luigi Sturzo.
Gli anni dal '45 al '48 non sono mai stati analizzati dal punto di vista femminile. Il ruolo delle donne era sempre pensato legato alla sfera privata nonostante i partigiani sapessero il loro ruolo. Come ricorda Lidia Menapace, a Milano le partigiane non poterono sfilare alla Liberazione perché "il popolo non avrebbe capito". (Marisa Rodano, dal convegno "Ricominciare. Donne che costruiscono, 1945-1948").
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