Il mio nome è Claudia Fellus Pirani e sono candidata alle elezioni regionali del Lazio nella Lista Civica per Zingaretti. La mia è una storia differente, perché, come sa chi mi conosce, la storia della mia vita è differente.
Sono nata a Tripoli il 22 Gennaio del 1959, e al seguito della mia
famiglia (il papà, la mamma e le due sorelle minori) siamo rocambolescamente fuggiti dalla Libia raggiungendo fortunosamente
l’Italia, il 10 giugno 1967, nel bel mezzo del pogrom scatenato dagli
arabi in occasione della Guerra dei Sei Giorni e della chiusura del
Canale di Suez. Noi, come gran parte della minoranza ebraica, fummo
aggrediti di sorpresa non solo da turbe inferocite di ignoti, ma, molte
volte da parte di vicini di casa o di lavoro coi quali eravamo vissuti
fino al giorno prima in confidenza se non in amicizia. Così
sbarcammo a Roma, vestiti con gli abiti estivi e le maniche corte e
nulla in mano. Ci venne a prendere la sorella di mio padre che viveva
nella Capitale con cui avevamo passato tanti mesi di vacanze durante
l’estate. Ci portò a casa sua, a piazza Vittorio, dove fummo sistemati
in cinque nella stessa stanza di un appartamento disadorno. Quel giorno
ricominciò la mia vita, con una nuova memoria, accompagnata però dalla
percezione perenne che quando incombe il pericolo l’unica salvezza sta
nella fuga . Vennero gli anni dell’adolescenza, le nuove scuole, nuovi
compagni e amici, il ginnasio, il liceo, l’università, i corsi di studio
all’estero. Nonostante le diversità, la scuola tende a integrare,
generando un sostrato unico fatto di tante differenze. Degli anni del
liceo, all’Avogadro, porto un ricordo bello, fatto di impegno e di
azione. Quello dei ’70 fu, infatti, il decennio del confronto
ideologico, delle lotte alle differenze di genere, con l’affermazione
dei movimenti femminili. Poi l’impegno professionale in Italia e
all’estero: ho visitato, lavorandoci, ospedali americani, israeliani,
sono stata a Berlino, Londra e Minneapolis. Infine, una volta tornata a
Roma, conobbi Mario Pirani. Un uomo differente per età, cultura,
estrazione, punto di vista. Due anni più tardi divenne il mio compagno
e, dopo ancora, mio marito, a certificare che due universi differenti
tendono ad attrarsi, pur mantenendo, e a volte difendendo, la propria
diversità. Questa, in breve è la mia storia, una storia differente.
Quando nei giorni di festa vado alla sinagoga, seguo il mio rito
liturgico, e aspiro il profumo di un mondo scomparso, sento gratitudine
per la testardaggine di una generazione che non ha accettato di veder
scomparire la propria cultura e le proprie tradizioni, con i suoi filoni
un po’ ebraici, un po’ libici e ormai in gran parte anche italiani.
Il mio trentennale percorso nel mondo della sanità inizia nel ’78, quando mi iscrissi all’Università Sapienza di Roma, alla Scuola Superiore per Tecnici di Cardio Angio Chirurgia, per diplomarmi due anni dopo. Nel ’79 decisi però di partire per uno stage alla Tel Aviv University
(Ospedale Tel Hashomer, reparto di Cardiologia e cardiochirurgia). Ci
restai fino al 1982, anno in cui scoppiò la guerra tra Israele e Libano:
dopo aver lavorato per un periodo come volontaria nell’ospedale che
accoglieva i feriti, accettai come un segno del destino l’invito di un
professore americano e mi trasferii negli Stati Uniti, in Minnesota, per
un corso di specializzazione alla St. Paul University (Ospedale di Minneapolis). Fui poi invitata (1983) all’Università di Berlino
per un corso teorico-pratico su “Ventricoli di assistenza meccanica e
cuore artificiale”: un’esperienza straordinaria con uno dei pionieri
europei del cuore artificiale, Emil Sebastian Bücherl.
Nell’84 fui chiamata dall’Hesperia Hospital di Modena
come responsabile del servizio di assistenza meccanica, circolazione
extracorporea e ultrafiltrazione. L’idea di tornare in Italia, dove era
rimasta la mia famiglia, mi piaceva molto. In pochi anni, il mio
sentirmi differente era stato messo a confronto con persone, luoghi,
culture e comportamenti a loro volta molto diversi. Tutto – dolore
compreso – aveva contribuito a rafforzare la mia identità e l’Italia
tornò ad apparirmi come nel 1967 il punto certo. Proprio per queste
ragioni, l’offerta di tornare alla Sapienza, nell’86, mi suonò come una
sorta di approdo definitivo, dopo quella mia personale odissea. Vinsi un concorso pubblico universitario come operatore tecnico
occupandomi del tirocinio degli studenti della Scuola Speciale per
tecnici di cardiochirurgia dell’Università. Nello stesso periodo,
organizzavo il servizio di circolazione extracorporea per le case di
cura Villa Bianca. Come consulente della Terumo, una
multinazionale giapponese, organizzai dei corsi teorico-pratici presso
tutti i grandi ospedali italiani e le università, sul tema
“Ossigenazione a membrana”. Nel ’94, a seguito di un grave incidente che mi costrinse a
estenuanti pellegrinaggi in ospedali di tutta Europa, mi dimisi dal
Policlinico Umberto I. Decisi perciò di impegnarmi sui temi che avevo
approfondito e che amavo. Nel 1994 fui eletta consigliere della Comunità Ebraica di Roma
e, nei primi quattro anni, ebbi il ruolo di vicepresidente e assessore
alla vigilanza degli enti. Mi occupai in particolare del recupero
dell’Ospedale Israelitico, allora commissariato. Organizzai spettacoli
teatrali, conferenze, seminari, dibattiti e attività di fund raising per
una associazione impegnata sui temi della pace in Medio Oriente:
far crescere l’informazione e, ancora di più, la consapevolezza intorno
ad ambiti problematici tanto presenti sul piano mediatico quanto non
conosciuti su quello dei contenuti, era ed è per me un dovere morale.
Nel 2002 ho avviato una collaborazione, con Codice Cultura per l’organizzazione di eventi culturali come le Giornate dei Diritti Umani, evento che si è tenuto a Mantova nel 2003. Dal 2003 al 2005, ho collaborato con la Sigma Tau come responsabile del progetto “Malattie rare”, coordinando i rapporti con le associazioni dei pazienti e con gli altri organismi internazionali. Dal 2005 al 2009, ho avuto un contratto a tempo determinato con l’ASL Roma D
e ho potuto dare vita a diversi progetti, legati tutti alla condizione
della differenza. Il primo fu quello di accoglienza al Pronto Soccorso
dell’Ospedale Grassi, integrando competenze diverse
(psicologi, assistenti sociali e mediatori culturali) con quelle mediche
e paramediche tradizionali. A questo ne seguirono altri, incentrati
sulla relazione e l’assistenza agli stranieri: dalla mediazione
culturale alla costruzione della “Casa della Salute della Donna e del Bambino”;
dalla costituzione di “Osservatori per la tutela dei diritti e lo
sviluppo della partecipazione”, che operano in ambito distrettuale, alla
creazione di un Tavolo permanente con il Tribunale dei diritti del
Malato. Sono diventata poi la responsabile del progetto Audit Civico,
promosso dalla Regione Lazio in collaborazione con “Cittadinanza
Attiva” e ho programmato e organizzato le conferenze dei servizi. Dal 2009 al 2011, con l’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani”,
ho collaborato ad un progetto incentrato sulla ricerca attiva della
tubercolosi nei migranti, finanziato con fondi europei e alimentato da
contributi provenienti da diverse ONG che operano nel territorio col
mondo delle migrazioni. I risultati di questo lavoro stanno per essere
pubblicati in una rivista internazionale e sono comunque stati
presentati in Congressi nazionali ed internazionali. Il mio ultimo
incarico, in termini di tempo, è all’Istituto dei Tumori di Roma (il Regina Elena presso gli IFO), dove mi occupo di accoglienza dei pazienti e umanizzazione dei servizi. E ora desidero occuparmi della nostra Regione.
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