domenica 19 ottobre 2014

Auguri a spose e sposi gay, ma con dubbi sul metodo. Perché diritti si, superficialità rischiosa no

Ratifica di matrimoni gay a Roma: foto gioiose, immagini che ci auguriamo presto di dover considerare acquisite, nell'addizione dei ricordi delle vite che ciascun* dovrebbe potersi scegliere senza interferenze né discriminazioni. Facciamo dunque gli auguri alle spose e agli sposi e agli aspiranti tali.
E poi - a latere - una considerazione: attenzione a non festeggiare troppo la procedura con cui si spinge per una giusta causa.

A sfidare la direttiva Alfano (che il 7 ottobre rivolgeva ai prefetti «un invito formale al ritiro ed alla cancellazione» delle trascrizioni di nozze gay), con una iniziativa "storica" - ma anche "unilaterale", ieri il sindaco di Roma Capitale ha trascritto 16 matrimoni fra coppie dello stesso sesso. Prima di lui, solo 10 giorni fa, anche il sindaco di Milano aveva firmato 7 trascrizioni; intanto la circolare di Alfano solleva le contestazioni di altri sindaci, da Filippo Nogarin (Livorno) a Virginio Merola (Bologna). La legittimazione decisa dal sindaco Marino ha dato l'occasione ai peggiori commenti oscurantisti. Ma, nel diluvio di stupidaggini livorose con cui l'iniziativa del sindaco Marino è stata accolta, una cosa è vera: "un sindaco non può sostituire la legge". Vero è che l'Italia resta sorda a una esigenza legittima e già riconosciuta in sedi vincolanti. Nello stesso tempo, in merito, un po' di pedanteria in più non sarebbe fuori luogo: forse serve qualche riflessione più approfondita che non affidarsi a begli slogan. E allora proviamoci.
La Corte di Cassazione, in assenza dell'adeguamento delle leggi italiane, ha per il momento negato che il matrimonio omosessuale concluso all’estero sia trascrivibile e come tale riconoscibile in Italia. E' dunque semplicemente un atto dovuto, da parte del Prefetto, richiamare alla direttiva del Ministro dell'Interno. 
Più nel dettaglio: come scrive Vladimiro Zagrebelsky, occhio al ribellismo dei sindaci. La richiesta delle coppie omosessuali a veder riconosciuto il loro diritto a una vita familiare, con le conseguenze sociali e legali che ne derivano, è stata riconosciuta come legittima in Italia dalla Corte Costituzionale: "con la sentenza n.138 del 2010, la Corte ha affermato che il diritto al matrimonio riconosciuto dalla Costituzione si riferisce a quello tra uomo e donna, ma che ciò non significa che sia ammissibile che unioni diverse siano irrilevanti per la legge (la rilevanza sociale è naturalmente diversa e vive per suo conto). I diritti di tutte le coppie non unite in matrimonio derivano infatti da quanto stabilisce il fondamentale art. 2 della Costituzione, quando afferma che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità. La Corte costituzionale, in piena sintonia con la realtà della società contemporanea ha affermato che la stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso è una delle formazioni sociali cui la Costituzione si riferisce. Ad essa «spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone - nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge - il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri», ciò che «necessariamente postula una disciplina di carattere generale, finalizzata a regolare diritti e doveri dei componenti della coppia». La posizione espressa dalla Corte costituzionale corrisponde a quella della Corte europea dei diritti umani, che riconosce la differenza tra matrimonio e unioni diverse riconosciute dalla legge ed ammette che la relativa disciplina (che non può mancare) sia stabilita dalle leggi nazionali. Ciò che è comune alla sentenza della Corte Costituzionale e alla giurisprudenza europea è da un lato l’affermazione che il matrimonio è cosa diversa dalle unioni di altro tipo e che queste ultime devono essere riconosciute e regolate in modo da assicurare i diritti necessari allo sviluppo della formazione sociale (linguaggio della Costituzione) e della vita familiare (linguaggio della Convenzione europea dei diritti umani). L’una e l’altra affermazione delle due Corti può naturalmente essere discussa e lo è effettivamente da punti di vista anche opposti. Ma questo è ora il diritto vigente. Da 4 anni ormai la sentenza della Corte costituzionale non ha avuto il seguito necessario di una legge approvata dal Parlamento. Le indicazioni europee sono rimaste anch’esse lettera morta. Intanto evidentemente la vita continua, anche se ignorata dal Parlamento, in questo come in altri campi socialmente, culturalmente, eticamente sensibili. Basti pensare ai problemi della fine della vita, gravissimi per chi si trova in quella situazione, per le famiglie e, quotidianamente, per i medici curanti. Ma fuori dell’attenzione del Parlamento". Giusto dunque richiamare al dovere di sancire giusti diritti. Aggiunge Zagrebelsky: "Il diritto di resistenza rispetto alle leggi ingiuste ha nobili ascendenze ed anche importanti manifestazioni storiche. Gli obiettori di coscienza al servizio militare, in Italia nel passato e ora in altri Paesi, ne sono un esempio. Ma quegli obiettori erano dei privati cittadini, pagavano il loro rifiuto andando in prigione. E riuscirono a far cambiare la legge". Viceversa i sindaci, a livello locale, devono pur sempre rappresentare la legalità e dialogare con lo Stato nel rispetto delle regole, senza nascondersi dietro a forme e metodi che contraddicono i loro doveri.
Attenzione, dunque, a non avallare, in difesa di un giusto diritto, quella matrice leghista (e forzista) dei padroni in casa propria, a tutti i costi e in barba alle leggi dello Stato. Perché se questa forzatura viene una volta applicata a un giusto diritto, il rischio è che poi sarà cento volte replicata in modo niente affatto apprezzabile
Nel circa/ventennio di alleanze leghiste e forziste, di questo abbiamo già avuto molte prove. Solo un esempio per tutti: quel sindaco leghista che tagliò orgoglioso il nastro di una scuola dopo averla colonizzata di simboli politici più pesantemente di quanto nemmeno il nazismo abbia mai fatto:


Anche lui faceva una "obiezione di coscienza": proclamandosi leale amministratore e servitore del partito del fare. Ma il suo senso delle leggi configgeva con il ruolo di sindaco (e infatti per inciso, nel segreto della sua azienda, costui avvelenava pure la sacra terra padana sversando vagonate di rifiuti tossici nel fiume Oglio). 
La morale, insomma, è una sola: le leggi vanno migliorate e cambiate. I mutamenti devono essere soggetti alle regole e conquistati dunque per altre strade. Ci auguriamo che i gesti fortemente simbolici di ratificare le unioni contratte all'estero abbiano l'effetto desiderato di smuovere la pachidermica inerzia del nostro Parlamento.
Molto meno che si rischi di legittimare un metodo suscettibile di alimentare il caos locale con poco edificanti corollari di propaganda politica.

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